martedì 25 agosto 2015

SINDROME CINESE


Ieri il mercato ha fatto un altro tonfo per via dell'ennesimo crollo di Shangai e io ho venduto anche le LVMH (le Hermés le avevo già vendute venerdì). In totale, la svista della sttimana scorsa (allorché non mi ero reso conto dei crolli continui di Shangai) mi sarà costata circa 1500 € di mancato capital gain (ho comunque guadagnato vendendo, ma meno di quanto avrei potuto). Oggi i titoli sono in ripresa. Si dice che l'assestamento dei titoli del lusso è stato eccessivo (-7% rispetto allo -0,5% che avrebbe dovuto essere) e si sottolinea come lo svalutamento dello yuan sia stato perseguito allo scopo di favorire i commerci che l'impatto sui consumi dovrebbe dunque essere addirittura positivo nel medio termine. Speriamo (intanto le mie Prada perdono il 42%: cosa dice Warren Buffett? Il vero investitore è colui sa guardare le proprie azioni perdere il 50% senza batter ciglio. Ecco: allora che non si batta ciglio!).

venerdì 30 maggio 2014

WARREN BUFFETT NON DA DIVIDENDI!

Warren Buffett
Chi le ha in portafoglio si sarà accorto che le azioni della Berkshire Hathaway, la società cui fa capo l'impero di Warren Buffett, non danno mai un dollaro di dividendi. E avrà quindi pensato di andare a cercarne il motivo da qualche parte. Come si legge anche qui su fool.com, è proprio nello stile della compagnia dell'ormai quasi mitologico campione della finanza non pagare mai dividendi, nonostante le maggiori quote del portafoglio di Berkshire Hathaway siano proprio di compagnie che li distribuiscono regolarmente (e a volte generosamente, con rese fra l'1% e il 2.9%!): Wells Fargo, Coca Cola, IBM, American Express, Procter & Gamble, Wal-Mart, ExxonMobil, U.S. Bancorp. Qualche numero in più è riassunto nell'immagine qui sotto.

Le principali azioni contenute nel portafoglio di Berkshire Hathaway
Portfolio di Berkshire Hathaway

DIARIO: I PENSIERI DI BILL NYGREN

Giovedì 29.05.2014

BILL NYGREN - non comprare ciò che non terresti in portafoglio per almeno 5 anni
Molto interessante cosa dice Bill Nygren (Oakmark and Oakmark Select; Fortune May 19, 2014 Europe Edition): "non bisognerebbe tenere in portafoglio titoli che non si sia disposti a trattenere per almeno 5 anni o più [...]." È quello che ho sempre pensato anch'io! Sarà meglio che riduca le mie spese per non dovermi ritrovare a dover vendere azioni in portafoglio. Secondo Bill Nygren sono molto interessanti anche i mercati emergenti, ai quali bisogna saper guardare con una prospettiva non di fine anno, ma, come detto, di almeno 5 anni. In compenso egli ha poca fiducia in titoli come Twitter, Tesla e Facebook (come me: ma come si fa a comprare Twitter?). Gli piacciono invece Oracle, Microsoft, Intel, Qualcomm, Google, Visa e Mastercard (io trovo particolarmente interessanti Visa e Mastercard, perché li vedo legati allo sviluppo della globalizzazione e del lusso; condivido anche il giudizio su Google, una delle aziende che, come Apple, BMW, Ikea e Ryanair, reputo essere perfette). Inoltre gli piacciono Citigroup, Sanofi, Diageo e General Mills.

sabato 28 dicembre 2013

RETURN ON SALES (ROS): NOTO ANCHE COME OPERATING MARGIN

Return on Sales (ROS), in italiano ritorno sulle vendite. È noto in inglese anche come Operating Margin (vedi anche questa voce) ed è dato dall’operating income fratto le revenues, cioè: EBIT / fatturato (dove per fatturato si intendono i ricavi netti).

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 Per saperne di più: Libri di Economia Aziendale

OPERATING MARGIN: NON È IL MARGINE OPERATIVO!

Attenzione: l'operating margin non è il margine operativo!
L' Operating Margin è noto anche come Return on Sales (ROS, vedi anche questa voce), detto in italiano Ritorno sulle Vendite. È di solito espresso in percentuale ed è dato dal rapporto fra operating income (spesso detto in UK anche operating profit e che, per quelle aziende dove ci sia una gestione accessoria patrimoniale e finanziaria, corrisponde all’EBIT) e revenues (fatturato, inteso come ricavi netti).

Dunque, più semplicemente ancora:

ROS = EBIT/fatturato


OPERATING MARGIN: uomo immerso nelle banconote le lancia in aria!
Il consiglio di Mr Galore: Attenzione! Nonostante l’assonanza fra inglese e italiano, il concetto di operating margin è assai diverso da quello italiano di margine operativo: l‘operating margin è il ROS, mentre il margine operativo corrisponde all’inglese EBIT (margine operativo netto) o EBITDA (margine operativo lordo)!

Per saperne di più: Libri di Economia Aziendale

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OBBLIGAZIONI

Un'obbligazione, detta in inglese  bond (e in tedesco Bund), è un prestito che un finanziatore fa a un’istituzione, che si impegna a restituire il valore nominale del titolo a una certa scadenza, facendo nel frattempo dei pagamenti periodici (cedole), calcolati in base a un tasso di interesse prestabilito.

Mr. Galore dice: una differenza concettuale molto importante fra azioni e obbligazioni è che, mentre le prime rappresentano un investimento vero e proprio, le seconde sono semplicemente dei prestiti. Comprando un’azione un investitore diventa parte dell’azienda, condividendone gli eventuali profitti, ma anche i rischi (l’azionista può perdere anche l’intero capitale investito). Comprando un bond, invece, un soggetto presta semplicemente del denaro a un’istituzione o a un’impresa, assicurandosene la restituzione a una data prefissata. Con l’acquisto di un titolo obbligazionario un soggetto può sentirsi forse più sicuro riguardo all’integrità del capitale (ma la sicurezza assoluta non esiste per nessuno strumento finanziario!), ma il prezzo che paga è dato dalla remunerazione assai modesta. A differenza dell’azione, inoltre, il titolo obbligazionario non si rivaluta nel tempo: l’unico vantaggio del prestatore è l’incasso delle cedole. Un’azione, invece (sempre che le cose vadano bene!), può offrire sia dividendi che una notevole (a volte strabiliante) rivalutazione del capitale iniziale

Per approfondire:


Altri Libri sulle Obbligazioni

venerdì 27 dicembre 2013

DIAMANTI: SONO DAVVERO GLI AMICI MIGLIORI DI UNA RAGAZZA?

VALORE DEI DIAMANTI IF (INTERNALLY FLAWLESS)
Quanto vale un diamante? Ce lo siamo chiesti in tante e tanti, almeno ogni volta che ci siamo ritrovati davanti alle sfavellanti vetrine di un gioielliere. Dopo essere stati colpiti dalla bellezza dell’oggetto esposto, spesso ci chiediamo se la materia prima usata per crearlo valga veramente il prezzo richiesto (non di rado incredibile). Se poi abbiamo visto Blood Diamonds con Leonardo di Caprio ci sentiamo a mezzo fra un babbeo e un criminale all'idea di comprarne anche uno piccolissimo. Il punto è che un diamante o un gioiello non possono mai considerarsi un investimento. Diamanti e gioielli, in effetti, possono al massimo considerarsi dei beni rifugio, beni cioè che consentono una quale monetizzazione in caso di emergenza, anche se di molto inferiore al prezzo pagato per acquistarli. Non pochi nobiluomi e nobildonne del secolo scorso si sono sottratti all'avvento dei bolscevichi scappando con corpetti e giacche imbottiti coi gioeilli di famiglia, in qualche caso riuscendo persino a garantirsi una più che degna sopravvivenza in Occidente. Dunque, una volta accantonata l'idea di fare "investimenti" in diamanti, crediamo non faccia male tenersi aggiornarsi sul loro valore di mercato (al dettaglio). Ormai si sono messi a vendere diamanti anche le banche (forse proprio puntando su quei clienti che credono di fare un investimento) e, grazie ai loro listini prezzi, possiamo almeno farci una vaga idea. Si tenga presente anzitutto che il costo di un diamante varia non solo in base alla grandezza, ma anche in base al colore e alla purezza. Esistono colori, di pregio decrescente, da D a H (dove D è il colore più pregiato). Un diamante D da mezzo carato con purezza IF (che significa Internally Flawless, cioè internamente privo di difetti) costa circa 5.000 €, ma da un carato costa già 6 volte tanto (circa 30.000 €)!!!
Ecco una piccola tabella riassuntiva (Ct. = carati):
 
Colore
Purezza
Ct. 0,50
Ct. 0,75
Ct. 1,00
Ct. 1,25
Ct. 1,50
D
IF
€ 5.000
€ 10.000
€ 30.000
€ 40.000
€ 60.000
H
IF
€ 3.000
€ 5.500
€ 12.500
€ 15.500
€ 26.200
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